martedì 13 ottobre 2009

un sardus pater che non ne vuole sapere/2

ecco cosa mi insegna l’incontro con paolo. e a quali conclusioni arrivo partendo da esso.

la modernità investe noi e tutti i nostri conterranei. la parte maggiore se ne lascia semplicemente travolgere. i più smaliziati ne approfittano per migliorare le proprie condizioni materiali di vita. solo pochi sfruttano l’interazione col mondo allo scopo di allargare la propria coscienza e aggiungere, al buono già presente nella cultura di origine, il buono (quando c’è, quel che c’è) della cultura globalizzata.

in molti conterranei la percezione dell’esistenza di una nazione sarda è vaga, quasi impalpabile.

abbiamo da fare un lungo e paziente lavoro sulle coscienze.

per quanto lavoro si possa svolgere, è illusorio sperare di “convertire” tutte le coscienze. ma date le radicali democraticità e non violenza del movimento, non si può certo pensare di fare l’indipendenza “contro” i sardi. sarà necessaria la volontà positiva della maggioranza dei sardi: quel giorno, si proclamerà l’indipendenza “nonostante” la volontà contraria della minoranza dei sardi.

è possibile, in alternativa, che l’indipendenza arrivi per il convenire di circostanze storiche e politiche maturate altrove. sarebbe spinta dalla volontà di una buona parte dei sardi, anche se non dalla loro maggioranza, e fiorirebbe a roma, a bruxelles, a new york. diverrebbe il frutto di tempi in cui il governo di un grande stato quale è l’italia ha l’obbligo “morale” di ammettere l’autodeterminazione di una parte dei suoi cittadini. e i sardi sarebbero gli ospiti d’onore di una festa organizzata per loro da altri.

la conquista o la concessione dell’indipendenza non basteranno comunque a fare una sardegna di uomini liberi. e dei sardi i protagonisti della loro stessa storia.

se non vogliamo vedere una sardegna indipendente e, allo stesso tempo, vittima di un neocolonialismo all’africana - economico, politico e culturale - dovremo lavorare ancora e di più sui cuori e sulle teste.

e così il cerchio si chiude.

la rincorsa tra indipendenza e maturazione delle coscienze non ha una vincitrice.
l’indipendenza ha bisogno di una coscienza matura. la coscienza matura ha bisogno dell’indipendenza per crescere ancora e fortificarsi. ma entrambe si impegnano in un cammino che non prevede fine.
non saranno mai interamente realizzate, perché ogni giorno nasce un nuovo sardo che ancora ha da costruire dentro di sé la propria indipendenza e la propria coscienza nazionale.
entrambe sono già tra noi. esistono già, nei sardi che hanno conquistato indipendenza di giudizio e azione, e coscienza della propria identità.

il nostro cammino si situa tra questi due estremi.
l’indipendenza politica è solo una tappa di un disegno più ambizioso. fare dei sardi dei cittadini del mondo a pieno titolo.

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