sabato 5 dicembre 2009

I buoni motivi per cui lascio il PD

Dopo un’esperienza molto intensa durata quasi un biennio, lascio il Circolo di Saronno del Partito Democratico.

Il motivo, in estrema sintesi, è questo. Il discorso del Lingotto, pronunciato da Veltroni alla nascita del PD, ha ormai più di due anni. A quel discorso non sono seguiti i fatti. Del «partito nuovo» non c’è traccia. Questo è un partito uguale agli altri. E il tempo in cui avremmo potuto farne qualcosa di veramente nuovo è passato. In poche parole, abbiamo perso il treno. Ecco alcuni esempi di ciò che intendo.

Il governatore della Puglia azzoppato dalle inchieste giudiziarie sui suoi più stretti collaboratori. Il governatore del Lazio costretto alle dimissioni per aver mentito sulle sue frequentazioni sessuali private. Il governatore della Campania letteralmente affogato nell’immondezza. E molte indagini in corso a carico degli amministratori locali pd per reati commessi nel pieno delle loro funzioni. Le parole pronunciate a questo riguardo da Bersani neoeletto durante l’Assemblea Nazionale del 7 novembre mi sono sembrate estremamente deboli. La «questione morale» investe il PD come ogni altro partito e non si fa abbastanza per risolverla. Non c’è traccia del rigore e della tensione civili promessi quando il partito nacque.

Rutelli, fondatore della Margherita, ha lasciato il PD. Insieme a lui, altre personalità di centro. Non molte, per la verità. Ma tra esse c’è qualcuno che pensa e ha la mia stima, come Cacciari, e qualcun altro che ha saputo dimostrare concretamente grandi capacità politiche, come Dellai. Costoro si posizioneranno tra PD e UDC e cercheranno in ogni modo di guadagnare spazio alle loro idee, spingendo inevitabilmente i democratici a sinistra. Il PD doveva essere il partito del centrosinistra, senza trattino, ma nella migliore delle ipotesi diverrà il maggiore azionista del centro-sinistra, col trattino, impersonandone appunto l’anima di sinistra. Anche in questo caso siamo lontanissimi dal progetto lanciato al Lingotto da Veltroni. Mancano la sostanza e ormai persino l’aspirazione a incarnare quel riformismo progressista che in Italia non ha mai avuto grande seguito e che doveva costituire il cuore maturo del Partito Democratico.

Non mi piacciono l’assoluta mancanza di carisma dei leader, la presenza a capo del partito delle solite vecchie facce ex comuniste o ex democristiane e l’incertezza della linea politica. Mi fa specie che Fini, oppositore di Berlusconi, occupi il centro della scena politica e noi, oppositori di Berlusconi, ci troviamo perennemente ai margini di quella scena. Mi dà fastidio che a Fini si attribuisca un progetto di destra moderna ed europea, mentre il PD, del suo progetto, non riesce a comunicare l’essenza. Mi delude la perenne conflittualità interna. In queste ore un pezzo del PD sfila a Roma con Di Pietro, un altro pezzo segue, magari non convinto, la regola bersaniana. Non mi colpisce la divergenza di vedute, quanto l’uso come arma di questa divergenza. L’intervista rilasciata da Veltroni al Corriere della Sera un paio di settimane fa non lascia presagire in proposito niente di nuovo: preannunciava il suo ritorno in grande stile al partito e comunicava, tra le righe, la ripresa della guerra per bande democratica. Molto di tutto ciò deriva, a mio modestissimo parere, da un difetto profondo d’identità. Il PD non sa ancora cosa è e cosa vuole. Sembra banale dirlo, ma non se ne è discusso abbastanza. Manca la visione del mondo. Mancano due o tre parole d’ordine semplici, chiare e condivise. E di conseguenza manca la cognizione dei valori, delle parti sociali e degli interessi che si desidera rappresentare. La Costituzione è diventata un amuleto da difendere a ogni costo. Per il resto, molta nebbia e poca, pochissima chiarezza. Nessuno può dire a chi appartiene oggi il Partito Democratico.

Come dicevano i latini e come dice Snoopy: Nemo ad impossibilia tenetur. Non c'è alcun motivo per perseverare nella caccia a un obbiettivo irraggiungibile. Molto più sensato è misurare le proprie forze e lavorare su un obbiettivo realistico. Il mio terreno di battaglia è l'editoria. E ai libri torno.

Nessun commento:

Posta un commento