sabato 6 febbraio 2010

Morgan sì, Morgan no. Ma chi è Morgan?

A me che sono un intellettuale la televisione più seguita - sia prima che seconda serata, non parliamo dei polpettoni meridiani e pomeridiani e mettiamoci ormai pure i telegiornali - sembra sempre più uno strumento per distrarre il popolo e mantenerlo nella sua ignoranza. Ecco perché la comparsa di Morgan e del suo carisma, che brillava tra la grossolanità, il pressapochismo e il cattivo italiano delle due colleghe giudici di X-factor mi sembrava una incoraggiante novità. In quel ruolo Morgan ci metteva e ci mette competenza e sottigliezza, ma anche capacità comunicativa. E non a discapito della qualità del linguaggio, usato sempre con correttezza qualunque fosse l'oggetto considerato: una canzone di successo, un movimento culturale, il carattere di un concorrente, una coreografia, un abito, un paio di scarpe, una battuta.
Insomma: un saggio tra asini raglianti, capace tuttavia di farsi capire da tutti e quindi di fare ottima divulgazione. Uno che finalmente si vede che ogni tanto legge un libro, eppure tutti ne traggono vantaggio.
Capisco che questo mio giudizio molto affrettato sembra frutto del mio intellettualismo, ma credo di insistere a ragione: un uomo di cultura che riesce a farsi capire e a incuriosire la gente alle sue conoscenze e competenze mi sembra un miracolo di cui abbiamo tutti bisogno, visto che abbiamo motivo di dubitare della solidità e onestà intellettuali di politici, industriali, banchieri, giornalisti e uomini e donne della comunicazione.
Morgan, per esempio, mi è sembrato uno che in un programma dedicato alla ricerca di nuovi talenti ha indicato ai giovani la via di un coraggioso impegno per imparare non solo a catturare al volo e per poche settimane l'attenzione del pubblico, ma a essere veri artisti, ad avere qualcosa da dire e in modo speciale. Tutte cose che non si improvvisano, che richiedono anni di studio, di prove, di sfide. E tanta, tantissima curiosità.

C'è poi una frase attribuita a Gesù dal Vangelo di Luca: "Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d'altronde albero cattivo che produca un frutto buono. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dagli spini, né si vendemmia uva da un rovo" (Lc 6,43-44).
Accostare queste semplici e antiche parole al caso Morgan mi sembra stimolante, oggi che il cantante e uomo di spettacolo ha rivelato di fare uso frequente di droghe per, dice lui, sostenere la sua fatica di vivere e subito si è acceso uno scandalo molto forte.
Dunque mi sono sbagliato? Morgan non può dare frutti buoni, visto che vive facendo una cosa cattiva? Questione delicata, che, direbbe il Morgan maestro, va considerata con attenzione e prendendo in esame molti aspetti diversi.
Se ne sono sentite di tutti i colori. C'è persino chi dice che essendo Morgan un artista non è possibile aspettarsi che egli viva come le persone normali. E' il tradizionale accostamento tra genio e sregolatezza.
Poi ci sono le condanne senza appello ("un altro cattivo maestro per i giovani!") e così via.

E se Morgan fosse semplicemente un uomo in cerca di senso? Un uomo che fa fatica? Ha detto che si droga, ho capito bene. Ma dicendo così ha detto anche che per questo si considera un eroe? Mi sembra di no: ha detto che non sta bene.
A Gesù non interessavano grandi imprese. Magari neppure le grandi imprese culturali che a mio avviso Morgan può e potrà ancora realizzare a vantaggio di tutti. Gli interessava che l'uomo fosse libero, che avesse "la vita in pienezza".
Questa la questione, non solo per Morgan, ma anche per me, per te, per tutti noi: qual è la vita in pienezza? Ne sappiamo qualcosa? Parliamone: la provocazione di Morgan ci spinge a farlo. E ce lo fa pensare anche il gran darsi da fare per avere successo dei giovani partecipanti a X-factor, se ci pensiamo bene.

"L'uomo buono". Chi è? Sarà o non sarà un uomo felice? Forse Morgan non lo è ancora. E noi lo siamo?

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