lunedì 27 settembre 2010

Età e pastiglie

Tornare dalle vacanze significa a volte rivedere persone care dopo un periodo di lontananza. Così può succedere che le troviamo cambiate. E succede soprattutto con i bambini: due-tre settimane di crescita di un bambino di sette o otto anni, per esempio, possono farsi notare ("ma come diventa grande!").

A me invece è accaduto con i miei genitori, due bravi ragazzi di 78 e 70 anni, lui e lei.


"Senectus ipsa est morbus": la vecchiaia, da sola, è già una malattia. Così dicevano gli antichi Romani. Quando poi i disturbi di una qualche malattia vera e propria si acutizzano, l'anziano mostra minore resistenza e si scoraggia, si scopre debole e fragile, vulnerabile e minacciato.

La salute dei miei genitori è un tema che mi fa riflettere spesso. Come tutti i figli di mezza età, impegnato in quella fase della vita in cui devo e voglio dare il massimo (nel lavoro, con i figli, nei miei sogni e ambizioni, nelle mie passioni) ho bisogno che stiano bene.

E così sono molto grato ai progressi della medicina e al buon funzionamento del sistema sanitario. Perché mio padre vive da molti anni prendendo 10-12 pillole al giorno, e oggi ho visto per la prima volta la lista delle pillole quotidiane di mia madre. Sono 16.

Poi ci sono gli esami clinici. Papà li fa e li rifà tutti, in continuazione. Ne ha bisogno per il cuore, il sangue, il fegato, i reni, ma non mancano controlli ai polmoni, allo stomaco, alla vista. Mamma ha problemi al sangue, ma anche una gastrite spesso acuta e fasi di ingrassamento e dimagrimento alterne e da tenere sotto controllo.


Insomma, sono un po' sfortunati. Eppure, come dicevo, grazie alla medicina e all'assistenza pubblica vivono una vita relativamente serena e attiva: sono loro ad accogliere i nipoti al ritorno da scuola e a preparare loro il pranzo ogni giorno, frequentano la parrocchia e partecipano a molte iniziative, escono in auto per fare la spesa al supermercato e così via.


Ogni fase della vita, quindi, riceve oggi le sue cure e le sue attenzioni. Assorbe risorse, sfrutta competenze e strutture, stimola la ricerca di nuove soluzioni. E in questo settembre, rivedendo i miei dopo quasi un mese, ancora più minacciati da vecchi e nuovi malori, torno a sperare, insieme ai miei fratelli, che ci sia ancora una nuova medicina, un altro esame, una buona idea del medico di base e degli specialisti.

E mi domando: ma potremmo mai, di nuovo, essere anziani... e poveri? Potremmo sopravvivere alla fine dello Stato sociale? E se così accadesse, anche solo in parte, sapremmo riprenderci sulle spalle, noi più giovani, l'assistenza dei nostri anziani sia dal punto di vista economico che da quello psicologico?


Domande.

Ci penserò ancora, certamente. Qualcosa mi sfugge, in tutto questo discorso. E poi, anche se non voglio pensarci, so bene che sono io, a mia volta, che non potrò sfuggire alla mia, di vecchiaia.


Con un sincero augurio di buona salute e speranza a tutti.


Nessun commento:

Posta un commento